Tutto ha avuto inizio con una splendida giornata di sole. Trentasei scout e quattro capi, quaranta persone con una meta comune: il Jamboree. Ragazzi che non si erano mai visti prima, accomunati solo dall’appartenenza allo scoutismo, si ritroveranno tra nemmeno trecento giorni in Giappone. E quindi occorre prepararsi.
Arrivati nella base scout di Cassano, su indicazione dei capi, vengono formate delle squadriglie provvisorie,e , in seguito, tramite giochi ed attività interessanti e divertenti (tra le quali il gioco della fiducia, la disposizione secondo il numero di scarpe e molto altro), si cerca di conoscersi l’un l’altro il meglio possibile.
Dopo la conoscenza reciproca, creato un buon clima, si cena condividendo il cibo che si è portato da casa. Un modo simpatico per gustare piatti diversi e per sperimentare lo spirito della condivisione e la bellezza dello scambio. Durante il bivacco, tra giochi e scenette, si parla naturalmente di Giappone e Jamboree, e si discute molto sulle aspettative e sui timori. Ne risulta che quasi nessuno ha un’aspettativa particolare, ognuno desidera vivere le esperienze al meglio. Tutti però si aspettano una miriade di amicizie, grazie all’incontro con scout di tutto il mondo e, soprattutto, un fittissimo scambio di opinioni, pareri, idee, tradizioni su qualsiasi cosa, dal cibo ai giochi, dalla scuola alle idee per il futuro, dallo stile di vita alle tradizioni, dalla pace alla religione e oltre, verso i confini della conoscenza umana!
Tra i timori è emersa soprattutto la preoccupazione di non riuscire a vivere tutto, la paura di non riuscire a sfruttare fino in fondo la straordinaria occasione offertaci.
Il timore di trovarsi spaesati e le difficoltà riguardo alle diverse lingue passano in secondo piano. Dopo le esperienze col reparto, durante le quali ci si innamora dello scoutismo, il desiderio di sognare e quindi candidarsi alla partecipazione al Jamboree, la gioia per la scelta e gli incontri con il reparto di formazione, come si potrebbe avere timore di fronte a questa sfida affascinante?
E, parlando, aumenta la voglia, il desiderio di essere presto in Giappone. Riflettendo su queste cose si va a dormire.
La mattina successiva, dopo colazione, celebriamo la messa e ci si lancia in un gioco che ci permette di scoprire chi era Alda Merini, la poetessa a cui è intitolato il nostro reparto di formazione. Ricomponendo alcune frasi scritte su biglietti si ricostruiscono le sue poesie e si scopre che era una poetessa milanese, con una vita travagliata, che ha lasciato un grande patrimonio di poesie e riflessioni.
Si pranza, e poi si cuce una piccola sacca di iuta che andrà riempita per il prossimo incontro.
Ci si incammina verso la stazione e si ritorna a casa, carichi e desiderosi di rincontrarsi presto, anzi prestissimo, coltivando magari il sogno di essere in Giappone già il giorno dopo.
Francesco Caprotti