Beh, e che dire? Il Jamboree è ormai cominciato da quattro giorni, ma sembra di essere qui da più di un mese! E’ veramente una mega marmellata quella che stiamo formando, giorno per giorno, nazione per nazione. Sono miliardi le bandiere che sventolano nell’afa di Kirara-hama, qua a Yamaguchi. Sono miliardi come le persone che incontri per strada e che ti sorridono, ti battono il cinque, di chiedono nome, cognome, nazione di provenienza, aprono scambi di distintivi, fazzolettoni, che esplodono dalla foga di conoscerti, magari abbracciarti, e non più d’altro. Siamo tutti così incastrati in questo grande cmovimento che più un gioco è rumoroso, patriottico, carico di vampate di energia pura e più è divertente, più la gente ti si avvicina, si unisce e sprizza gioia da tutti i pori. Non importa più l’inglese: ci si intende a sguardi, gesti, risate. In fondo siamo qua tutti insieme con lo stesso obiettivo. Non importa l’intendersi: già ci conosciamo! Ragazzi, siamo scout, siamo tutti uguali, tutti qua per esaurirci, per tornare a casa tanto pieni dentro quanto pesanti negli zaini!
Oggi, con il sottocampo Fuji, abbiamo partecipato al modulo sulla “Community”. Divisi a squadriglie siamo partiti scaglionati dalle 6.30 alle 7.30. I pullman ci hanno portati in posti differenti, dove persone del luogo erano pronte ad accoglierci e farci nuovamente entrare in contatto con la loro particolarissima cultura giapponese. Ciò che più ci colpisce di tutti loro, è tanto la testardaggine che pongono nel metterci alla prova con le loro usanze –non mancando di riportare fotograficamente qualsiasi nostra mossa o espressione- quanto la voglia di conoscere noi e di assaggiare tutto ciò che ci portiamo dall’Italia. Sono curiosissimi, educatissimi e non spiccicano una parola in inglese. Non posso non confessare che ogni volta che ci troviamo fra loro mi sento circondata da belle persone che ti saltellano intorno, fanno versi strani e ti guardano con quegli occhi brillanti, sempre svegli e attenti, che ti seguono e magari dopo un tuo determinato movimento scoppiano in una risata. Ed è bello così, perché per quanto possiamo sembrarci strani e diversi, alla fin fine ridiamo tutti allo stesso modo. E proprio a questo possono servire le attività di incontro di culture diverse: lo spirito di unità, tanto sponsorizzato da questo Jamboree, parte da qua per arrivare alla fusione reciproca, alla pace, all’amicizia.
Siamo stati ospitati da un gruppo di agricoltori, operai in un frutteto di pesche, uva, pere giapponesi e mele. Hanno condiviso con noi i loro incidenti, nel giugno del 2014 un alluvione ha infatti distrutto tutti i loro orti. Dopo pranzo siamo stati accompagnati a una scuola elementare, dove bambini in uniforme scolastica hanno giocato con noi e con noi hanno visto una tipica rappresentazione teatrale giapponese. Una storia tratta da un manga: un guerriero che uccide tre draghi, in cerimoniosi passi e balletti.
Adesso siamo rientrati, di nuovo compressati fra tutti questi scout, compagni anche se mai visti prima. E non posso non dire che non sia bello così.
Direttamente dal Jamboree,
Cecilia Barachini